Flash Forward

Notte insonne da quel che si ritiene ingiustizia con la quale quasi mai puoi lottare. Subire è il verbo dell’ingiustizia ed il mio letto subisce me come io con i pensieri  giunti a frotte senza essere chiamati

Le tre, forse le quattro il mio ultimo ricordo sulle lancette dell’orologio poi lo squillo del telefono ed il panico da sveglia inattesa. Gli occhi sul mio polso leggono mezzogiorno: cazzo l’ufficio. Rispondo recitando una voce meno sorda possibile ma non so quanto credibile; non da oscar, poco ma sicuro.

Nel premere l’off del cellulare (non era l’ufficio per fortuna) ancora naturalmente appannato scorgo un’altra ora sul display ma connetto definitivamente le mie sinapsi dopo altri 10 secondi: le ottoeunquarto. Confermo l’impressione dopo aver guardato l’orologio a parete di fronte a me; mi sembra di essere con il corpo lontano dalla mente. Mi siedo sul primo posto possibile in un momento come questo, la tazza del cesso, e riguardo il mio polso rassegnato. Tocco subito la corona del mio crono con la ormai vana speranza inespressa che sia davvero mezzogiorno passato, significherebbe aver archiviato una mattinata sicuramente infame ed almeno un paio d’ore di sonno supplementare. Nulla da fare, nessun click, e corona libera di far girare le lancette avanti ed indietro.

Mi è toccata la mattinata infame con freddo e residue elucubrazioni nella testa. E’ passata ma so che ricapiterà. Toglierò l’orologio dal polso di notte da ora in poi.

~ di el0so su 23 gennaio 2010.

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